jueves, 25 de agosto de 2011

No hay indemnización por clientela cuando el principal ofrece una modificación del contrato objetivamente justificada

“Los motivos se desestiman con base en que según la Sentencia recurrida el proveedor, con pleno derecho a la reorganización -modificaciones estructurales- de su red comercial, ofreció a la entidad concesionaria la adaptación de las condiciones del contrato al nuevo sistema de distribución selectiva por el que había optado, como consecuencia de la entrada en vigor del Reglamento (CE) 1400/2002 , y la concesionaria no solo no aceptó la adaptación, sino que incluso transmitió la empresa -totalidad de los empleados; mercaderías y existencias; máquinas y muebles; y participaciones de una sociedad limitada- y arrendó la nave industrial a otra entidad, lo que fue estimado por la resolución recurrida como un acto propio concluyente de disentimiento unilateral contractual. Y resulta incuestionable que, al no haberse desvirtuado esta apreciación, no resulta procedente condenar al pago de suma dineraria alguna, ni como compensación por clientela (por lo demás no probada, ni en sus presupuestos, ni en su cuantía), ni como indemnización por daños y perjuicios.

European Company Law Experts' Response to the European Commission’s Green Paper 'The EU Corporate Governance Framework'

Lo han colgado en ssrn. Muy prudente aunque suficientemente claro y, lógicamente, más cuidadoso y recatado que el del Gobierno Británico aunque comparte buena parte de las opciones de política legislativa. Lo más destacable es su propuesta de asegurar a nivel europeo el ejercicio del derecho de voto de los accionistas dispersos imponiendo a los depositarios de las acciones obligaciones en este sentido
The depositary that is directly in contact with the ultimate beneficiary of the deposit should be obliged to deliver a certificate of entitlement enabling the beneficiary to take part in the meeting and cast his vote, give a proxy to whom he prefers or take cast his vote electronically in advance of the meeting. This would greatly simplify the present system and lay the responsibility for shareholder absenteeism where it belongs, i.e. with the shareholder himself. It would allow individual shareholders to support actions undertaken by engaging shareholders, if such is needed. On the other hand it would only require the bank to ensure that the shareholders securities are held somewhere in the chain, what he is expected to do in any case.
También merece destacarse lo que proponen para fomentar las “proxy fights
In addition, and building on the infrastructure developed to facilitate cross-border voting, we believe a "light" form of proxy solicitation may be helpful in mustering support for engaged shareholders. We would recommend that such a system of proxy solicitation is set up across the EU, on the basis of EU regulation. This would mean that listed companies registered in Member States would be required to set up a specific function on their website where qualifying shareholders can place information relating to items on the forthcoming agenda and can seek proxies from other shareholders. Such a proxy solicitation system should be restricted to the provision of electronic information through the company’s website, to avoid costly and time consuming communication through hard copies. The regulation of the proxy solicitation should also be light touch, without seeking maximum, formalistic disclosures. To avoid that the proxy solicitation system is used for short term activism, shareholders would qualify if they hold a certain number of shares for a certain period of time, for example between 1 and 5% of the company’s share capital for a consecutive period of, say, at least one year. A qualifying shareholder who would use the system would be required to hold his shares at the date of the general meeting and to provide an explanation of his views at the meeting. Shareholders jointly holding the required number of shares during the required period should also qualify to use the system. This electronic system of proxy solicitation would require that listed companies facilitate voting on general meeting items on their website (either through a function on the website that provides for the voting itself, or through a link to a third party site who organises the electronic voting process for the company). If engaged shareholders would use such a system of proxy solicitation light this could also serve as an attractive alternative to proxy advisors for investors who find it difficult to analyse how to vote with a diversified portfolio of investments.

Un ilustrativo caso italiano de cártel

La Autorità ha sancionado en junio de este año a casi 20 empresas italianas por un cártel en el sector del transporte internacional de mercancías por carreteras. En la serie de la deriva de la CNC, la resolución italiana tiene interés por comparación. En tres aspectos, al menos. El primero es el uso – correcto – de la autoridad italiana de la llamada “infracción única y continuada”. El segundo, la correcta calificación de los intercambios de información como un instrumento de ejecución del acuerdo. El tercero, la imputación simultánea a la asociación y a sus miembros. Reproducimos unos pocos párrafos de la larga decisión que son, sin embargo, suficientes para entenderla de modo completo
Respecto de la infracción única y continuada: unidad de objetivo concreto – incrementos de precio de manera concertada para trasladar a los clientes los aumentos de los costes – y unidad en el mecanismo de ejecución – acuerdo en “petit comité” y publicación en prensa del “aumento de los costes” (“procedevano a camuffare i comunicati sugli aumenti concordati, presentandoli come informative relative ai costi”)para indicar a los competidores en cuánto debían subir los precios
Nel caso di specie, infatti, l’intesa si è realizzata attraverso molteplici condotte, tutte finalizzate al perseguimento di un obiettivo unitario, consistente nell’incremento concordato del prezzo delle spedizioni internazionali via terra (ovvero di singole componenti del prezzo). Per la realizzazione dell’intesa si è utilizzato un identico modello concertativo - pressoché costante nel tempo - rappresentato dalle riunioni svolte in seno all’associazione di categoria e dalle successive circolari ovvero dai comunicati stampa emanati dalla Fedespedi, allo scopo di consentire la realizzazione degli aumenti di prezzo da parte degli associati
una o più riunioni prodromiche all’aumento concertato o la realizzazione di altri contatti, con i quali le parti hanno discusso l’entità dell’aumento da praticarsi e le modalità e tempi di realizzazione dello stesso; pubblicazione di un comunicato stampa o di un avviso a pagamento su Il Sole 24 Ore; diffusione, da parte di Fedespedi, ai componenti della Sezione Spedizionieri Terrestri dei verbali delle riunioni, nonché delle circolari a tutti gli associati e a tutte le articolazioni territoriali di Fedespedi, al fine di garantire l’attuazione della strategia concertata
Respecto del sentido de los intercambios de información en el marco del cártel, no son una conducta independiente sino la forma de alcanzar el acuerdo y de ejecutarlo
223. Tramite queste modalità di azione si perseguiva un duplice scopo. Da un lato, attraverso l’affermazione di un’aspettativa pubblica di aumenti e di una esatta quantificazione di tali aumenti, si cercava di accrescere la coesione tra le numerose imprese del settore, molte delle quali anche di dimensione molto piccola e non necessariamente collegate all’Associazione. D’altro lato, si tentava di rendere accettabili per la clientela gli aumenti del prezzo, anche fornendo indicazioni specifiche sulla loro entità. Come ben chiaro a Fedespedi – che, a proposito del proprio comunicato stampa del 20 dicembre 2006 sull’aumento dei prezzi, dichiara “siamo certi che queste ulteriori argomentazioni possano aiutarvi in fase di aumenti tariffari” – in tal modo, si facilitava il tentativo delle imprese associate di far accettare alla imprese clienti gli aumenti che si intendevano praticare
324. I documenti agli atti del fascicolo indicano, infatti, la richiesta delle
imprese associate di dichiarazioni pubbliche sugli aumenti dei prezzi che consentissero loro di presentarsi alla controparte contrattuale chiedendo prezzi più elevati
Respecto del papel de la asociación: participar activamente en el acuerdo y facilitar el acuerdo entre los asociados
243. Più nello specifico, dalla documentazione acquisita emerge come la Fedespedi, ed in particolar modo la Sezione Spedizionieri Terrestri che ha fra i propri compiti statutari quello di “esaminare i problemi propri del settore di attività, [e di] proporre direttive per un omogeneo comportamento delle imprese del settore”, abbia rivestito un duplice ruolo nell’intera concertazione. Da un lato, essa ha costituito il veicolo del coordinamento tra le società coinvolte nella presente procedura; dall’altro, su mandato delle imprese, ha partecipato attivamente a tale coordinamento e ne ha curato gli strumenti di attuazione, inviando circolari alle imprese associate e diffondendo comunicati stampa ed annunci sui giornali a tiratura nazionale, al fine di agevolare gli aumenti di prezzo e di informare tutte le imprese del settore delle decisioni assunte in ambito associativo.
244. Inoltre, vale chiarire sin d’ora che, le evidenze raccolte dimostrano come talune società – segnatamente Agility, Albini, Brigl, Dhl, Italsempione, Saima, Schenker e Vidale – abbiano assunto un ruolo particolarmente attivo nel coordinamento della concertazione. Le citate società, che hanno aderito fin dal 2002 alla concertazione e ne hanno costituito “il nocciolo duro”, hanno partecipato più attivamente all’organizzazione delle riunioni in seno alla Fedespedi ed all’attività concertativa, nonché alla progettazione e all’attuazione del coordinamento oggetto della presente procedura, seppure non tutte per l’intero periodo di partecipazione all’intesa.

Voto vacío: las cosas se ponen peor

Waddell, Chris W., Nguyen, Kendrick, Epstein, Evan, Siciliano, Francis Daniel and Grundfest, Joseph A., Identifying the Legal Contours of the Separation of Economic Rights and Voting Rights in Publicly Held Corporations (October 19, 2010). Rock Center for Corporate Governance at Stanford University Working Paper No. 90. Available at SSRN: http://ssrn.com/abstract=1695183
En otra entrada examinamos los problemas que, al Derecho de sociedades se le plantean como consecuencia de la escisión entre los derechos de voto y la propiedad de las acciones, escisión que no es posible jurídicamente (Abspaltungsverbot, prohibición del vote buying, art. 90 LSC, “las acciones son… indivisibles”) pero sí que lo es económicamente a través de derivados. Básicamente, el accionista acuerda con un tercero trasladar a éste el riesgo de bajada del precio de las acciones conservando la titularidad de las mismas (swap). O sea, un seguro. Si el contrato afecta a más acciones de las que es titular el accionista, éste puede tener incentivos para votar en la Junta acuerdos que disminuyan el valor de la compañía porque obtiene beneficios – gracias a su contrato de swap – de tal reducción. Un ejemplo:
An investor who holds one million shares of a company’s stock can enter into a swap covering all one million of its shares: the swap acts like an insurance contract that covers the investor’s losses if the company’s stock price declines, but in return requires that the investor sacrifice all its gains if the value of the company’s shares increases. The investor is then indifferent as to whether the company’s stock price increases or decreases, but still gets to vote its shares as though it had never entered into the swap.
If the investor enters into a swap covering two million of the company’s shares it would then actually earn a profit if the company’s share price declined, but the investor would again be able to vote its million shares as though it held a simple, unhedged position in the company’s shares. The risk then arises that the investor could be motivated to cast its vote in a manner that actually causes economic harm to the company. The assumption that voting and economic interests are aligned is then not merely severed: it is reversed
El préstamo de acciones es la otra gran vía para escindir titularidad y derecho de voto. Y parecida reversión de los incentivos puede sufrirla un acreedor de una compañía que se haya cubierto frente al riesgo de quiebra de ésta mediante un contrato de cesión del riesgo de crédito.
Como puede suponerse, el problema se plantea sólo en relación con las sociedades de capital disperso. Pero puede dar al traste con una de las grandes ventajas derivadas de hacer propietarios a los que aportan el capital de riesgo (Hansmann): la homogeneidad de intereses de los accionistas (una acción es igual que una acción es igual que una acción…). Aquellos accionistas que hayan separado la titularidad del riesgo económico tienen intereses distintos e incluso contrapuestos a los de los demás accionistas. La eficacia de una regla que imponga la proporcionalidad (“una acción, un voto”) se hace irrelevante. Problemas específicos se plantean en relación con el ejercicio de otros derechos distintos del de voto (derecho de información singularmente)
Como explicamos en la otra entrada, no todas las compras de voto son malas (el derecho de voto puede pasar a manos de los que están mejor informados; se puede reducir el atrincheramiento de los ejecutivos…) y, en general, los accionistas que ejercitan el voto pero no tienen interés económico en la acción no son decisivos en las votaciones (se ha propuesto anular los acuerdos cuando lo hayan sido – prueba de la resistencia-). De manera que la solución más generalizada es la de exigir transparencia: que todos los accionistas sepan qué accionistas ejercen un “voto vacío” a través de la normativa sobre declaración de participaciones significativas –considerando que el que ha comprado el voto es titular de las acciones a esos efectos - o a través de normas estatutarias - obligando a los accionistas a comunicar a la compañía estas operaciones - o a través de las normas sobre solicitud pública de representación – obligando a informar de los derechos de voto que controla el solicitante de la representación - . Parece indiscutible que un acuerdo social en el que los votos – decisivos – de un socio han sido emitidos “intencionalmente” para causar un daño a la compañía debe considerarse impugnable por contrario al interés social (art. 204 LSC) pero, si no se sabe de los incentivos perversos del accionista, la prueba de la “intención de dañar” (suficiente para que el Juez declare el acuerdo lesivo sin tener que examinar si objetivamente el acuerdo dañaba a la sociedad) será mucho más difícil. Hay quien propone instaurar una prohibición de voto para los que incumplan con la obligaciones de transparencia.

La business judgment rule no es igualmente eficiente para todas las compañías


foto: @thefromthetree

La business judgment rule establece que los jueces no revisarán las decisiones de carácter empresarial tomadas por los administradores sociales si el administrador se ha informado convenientemente antes de tomar la decisión, la actuación no es ilegal o contraria a los estatutos y el administrador no tiene un interés propio en la materia contradictorio con el de la sociedad. Regla que puede considerarse igualmente vigente en nuestro Derecho (SAP Madrid, 13-IX-2007: El “incumplimiento o cumplimiento defectuoso (de la obligación de administrar no puede determinarse) en función de los resultados”.

En este artículo (Grinstein, Yaniv and Rossi, Stefano, Good Monitoring, Bad Monitoring (August 7, 2011) se trata de determinar empíricamente si la regla es igualmente eficiente para todo tipo de compañías o si, por el contrario,  (compañías en sectores sin perspectivas de crecimiento donde los administradores se dedican a crear imperios, diversificar irracionalmente las actividades, pagarse mejor y pagar mejor a los empleados…):

Las empresas se enfrentan a diferentes costos y beneficios de controlar más estrictamente a sus administradores... En los sectores con grandes oportunidades de crecimiento, los consejeros ejecutivos y los directivos pueden necesitar una gran libertad para identificar mejor y poner en marcha programas de crecimiento ambiciosos. Para estas empresas, aumentar el nivel de control sobre las decisiones de los administradores puede tener el efecto secundario indeseable de sofocar el crecimiento. En la medida en que los administradores de esas empresas... se enfrenten al riesgo de que sus decisiones de inversión sean revisadas por los jueces, es probable que sean más conservadores lo que reducirá el valor de la compañía. Potro lado, en sectores de la Economía con pocas oportunidades de crecimiento, los ejecutivos y directivos pueden estar tentados de despilfarrar el patrimonio social, sobre todo, si disponen de una generosa tesorería libre (por ejemplo, Jensen (1986)). Para estas empresas, reducir el nivel de escrutinio sobre las decisiones de los administradores puede no ser perjudicial y, de hecho, puede conducir a reducir excesos derrochadores, reducir la inversión excesiva y la construcción de imperios, y así aumentar el valor de la empresa. 

Los autores realizan un estudio empírico sobre los efectos que una sentencia del Tribunal Supremo de Delaware que hizo más estricta la responsabilidad de los administradores por infracción de su deber de diligencia tuvo sobre la cotización de las sociedades domiciliadas en Delaware – el 60 % del NYSE – y el resultado es que aumentó el valor de las situadas en sectores maduros y disminuyó el valor de las sociedades operativas en mercados con alto potencial de crecimiento. O sea, que la business judgment rule no es necesariamente eficiente para las compañías en sectores maduros donde los jueces deberían controlar más estrictamente las decisiones de carácter empresarial de los administradores sociales.

Larry Ribstein dice que las conclusiones de los autores indicarían que, puesto que no hay un nivel de escrutinio de las decisiones de los administradores sociales que sea óptimo para todas las compañías, la regla legal eficiente debería ser la de permitir a las compañías libertad para configurar estatutariamente el deber de diligencia que es, precisamente, la regla vigente en el Derecho de Delaware (y en el Derecho español, según la mejor doctrina) y concluye que “corporate contracting is flawed”, es decir que las compañías de Delaware operativas en mercados maduros no incluyen en sus estatutos una regla que redujera el ámbito de discrecionalidad de sus administradores (hiciera más estricto el control del cumplimiento de su deber de diligencia). En realidad ¿cabe esperar que el mercado de capitales reduzca tan espectacularmente los costes de agencia como para inducir a los administradores de una sociedad que no tiene perspectivas de crecimiento a restringir – como Ulises – su discrecionalidad en cuanto a inversiones, nuevos proyectos etc?

martes, 23 de agosto de 2011

A ninguno se le da crédito

James McDonald (vía Felix Salmon)
Indeed, one of the most striking aspects of the eurozone crisis is that bond markets have not discriminated between causes of excessive debt. Greece was denied credit and had to go begging to Brussels for a bailout, not because it had taken part in the real estate bubble but because it had abused entry to the eurozone to enjoy a public borrowing spree. Ireland was denied credit because, even though its public finances were in solid shape, it had allowed its banks to overwhelm them. Italy is perhaps the most remarkable case of all. It is now threatened with loss of credit, not because of any post-euro borrowing, nor because of its current budget deficit (which is not much higher than Germany's). Rather, it is being punished for sins committed in the 1980s and early 1990s when it built up its public debt to levels that the markets have suddenly decided are unsustainable. What we are seeing, in other words, is a wholesale revision of the rules about debt that have held true for decades.

When Spanish Bonds Come Due (Der Spiegel)

Graphic: When Spanish bonds come due

Hacer películas es un negocio peligroso

Los hechos son los siguientes. Una señora presenta un recurso administrativo reclamando a una entidad pública el pago de más de cuarenta mil euros por haber sufrido un daño en forma de una enfermedad psíquica derivado de un funcionamiento anormal de la administración pública. En el caso, de Cementeris de Barcelona. Esta entidad desestima la reclamación de responsabilidad patrimonial de la Administración y la señora presenta recurso contencioso-administrativo.
La sentencia condena a Cementeris y a una productora de cine, – que no había sido demandada – solidariamente a pagar a la señora 20.000 euros. Dice la Sentencia del Juzgado de lo Contencioso-Administrativo de Barcelona de 20 de junio de 2011
“Reclama la recurrente, ya en fase de conclusiones, la cantidad de 44.904,54 euros más otros 12.000 euros que fija prudencialmente para atender los intereses que se devenguen más las costas del procedimiento, en concepto de indemnización por los daños y perjuicios sufridos cuando en fecha 11/12/2008 acudió al cementerio de Sants a visitar el lugar en que su padre está inhumado, encontrándose con la desagradable situación de que en la zona se estaba rodando una película y se habían retirado los abalorios de respeto, flores y dañado ostensiblemente el nicho. Dicha situación produjo en la recurrente una reacción inmediata de ansiedad requiriendo tratamiento médico… De la práctica de la prueba realizada… se desprende que (la productora de cine)… afirma ser consciente de las molestias ocasionadas… y Cementeris de Barcelona… no va a retomar la garantía depositada de 5.000 euros para satisfacer los daños ocasionados… por lo que… ya hay un reconocimiento de comportamiento negligente al modificar y caracterizar los nichos de manera tétrica… sin contar con la autorización previa de los titulares y faltando al respeto debido a los restos que reposan en los nichos…
… la demandada (Cementeris de Barcelona, una sociedad pública)… alega falta de legitimación pasiva y de… litis consorcio pasivo necesario. Esta última excepción no puede prosperar por cuanto mediante providencia de fecha 21/4/2011 (el recurso contencioso-administrativo contra la negativa de la demanda contra Cementeris se presentó en 2010) se dio traslado a las partes para que alegaran lo pertinente en cuanto a una posible nulidad de actuaciones por no constar emplazada la codemandada… dictándose posteriormente auto en fecha 12/5/2011 emplazando a la misma. Dicho emplazamiento permitió a la entidad reseñada comparecer en el procedimiento, tener conocimiento del mismo, defenderse para que en el caso de que tuviera que responder y reparar el perjuicio ocasionado a la recurrente no pudiera alegar indefensión por no haber sido llamada… No verificó el emplazamiento quedaron los autos vistos para sentencia teniéndose a la (productora)… como parte codemandada.
Y en cuanto a la cuantía de la indemnización, la sentencia se refiere a dos certificados médicos en los que el médico dice que “si creo que existe relación entre los hechos ocurridos en diciembre de 2008 y la patología de principio de 2009” (trastorno depresivo con ideación obsesiva)… por lo que se estima adecuada la cantidad de 20.000 euros por daños morales” más intereses.
No soy experto en responsabilidad de la Administración pero, hechas las consultas con los que sí lo son, resulta que la Sentencia es correcta en cuanto a las objeciones procedimentales: en el procedimiento contencioso-administrativo puede ventilarse la responsabilidad de un particular por daños causados a otro particular si hay una Administración pública implicada y también demandada. Declarada la responsabilidad de la Administración (anulado el acto administrativo que desestimó la solicitud del particular), el Juez puede resolver también sobre la responsabilidad del particular.
Lo que me sorprende es la parquedad de la justificación de la imputación al particular. No se reclaman daños patrimoniales (daños a los nichos o al cementerio) pero tampoco daños morales: a la señora le entró una depresión con ideas obsesivas al presenciar una escena “tétrica”. De hecho pretendió que se aplicaran los baremos para calcular las indemnizaciones de los seguros obligatorios. Sin embargo, los daños que concede la Juez son daños morales. La juez parece, pues, descartar que presenciar una escena así sea objetivamente adecuado para provocar una depresión con ideas obsesivas a alguien, por lo que el “daño” no sería imputable ni a la productora ni a Cementeris que autorizó el rodaje. Y si la condena es al daño moral, 20.000 euros es mucho dinero. Una persona en su sano juicio podía sentirse ofendida por el hecho de que se estuviera rodando una película y se hubiera avejentado el nicho donde estaba enterrado su padre pero  cuando se compara con las indemnizaciones de este tipo que se conceden en otros casos, resulta desproporcionado.
Por lo demás, avejentar los nichos no es un comportamiento “negligente”. Será un comportamiento indebido si – como parece creer la juez – era necesario el consentimiento de los herederos de las personas enterradas en ellos para hacerlo. La productora había pedido permiso al titular del cementerio y había depositado una garantía para los posibles desperfectos. Es discutible incluso que, condenada Cementeris, pueda repetir contra la productora ya que el permiso solicitado lo fue para rodar una película y, obviamente – desconocemos el contrato – normalmente es necesario modificar el entorno de forma reversible para rodar la escena. La productora no reconoció haber actuado negligentemente, sino que había ocasionado molestias.  O sea, que hubiera sido necesario un razonamiento más completo del cumplimiento de los requisitos del art. 1902 CC, aunque sea en vía contencioso-administrativa.

sábado, 20 de agosto de 2011

Tutela judicial efectiva



Artemisa Gentileschi, autorretrato

En El Mundo-Andalucía de hoy, una historia acerca del dueño de una finca grande en el parque natural del cabo de Gata. La finca incluye “Cala San Pedro”, una pequeña playa virgen, y un gran terreno semidesértico con cuatro cortijos derruidos. El dueño adquirió la finca con la esperanza de convertirla en una zona turística de lujo previa rehabilitación de los cortijos. En la Cala San Pedro acampan, desde hace años, grupos de “hippies” para cuya atención, una señora avispada ha montado un bar aprovechando el antiguo cuartel de la Guardia Civil. El dueño del terreno tiene la obligación legal de soportar – servidumbre de paso – que se pase por su finca para acceder al dominio público, a la playa.

Acampar está prohibido en el parque natural. También lo está hacer fuego y abrir negocios fuera de los núcleos urbanos. El dueño del terreno ha presentado denuncias una y otra vez ante la Consejería de Medio Ambiente de la Junta de Andalucía que ésta ha tramitado. Pero como los denunciados son personas al margen del sistema jurídico, los expedientes no han finalizado con la expulsión de esas personas de la playa, el desmantelamiento de las tiendas de campaña o el cierre del bar instalado ilegalmente. Por el contrario, sigue su marcha un expediente para sancionar al dueño por haber realizado obras ilegales en uno de los caminos en la finca con la finalidad de permitir el acceso a la playa en mejores condiciones cobrando a los automovilistas por dicho acceso.

Con independencia de que la historia así resumida sea cierta en los detalles, me interesa lo que se deduce de ella del papel de la Administración Pública. Su función es garantizar la protección de los derechos de los ciudadanos y el cumplimiento de la Ley. La Administración está formada, obviamente, por personas. De manera que el cumplimiento de la Ley se hace selectivo. No es ya que las normas sean, a menudo, excesivamente restrictivas de la libertad o pongan palos en las ruedas del desarrollo económico y del desarrollo personal de los individuos. Es que se aplican solo a las personas que, en general, cumplen las normas. Según cuenta el periódico, la Junta de Andalucía ha intentado aplicar las normas a los acampados pero éstos no tienen ni siquiera domicilio donde se les pueda notificar la sanción y los funcionarios no se arriesgan a sufrir una reacción violenta cuando intenten hacer cumplir la Ley. Por el contrario, el ciudadano que tiene cuentas corrientes, declara sus ingresos y paga sus impuestos con carácter general, se ve expuesto a la más eficaz aplicación de la Ley y a que se le sancione por incumplimientos marginales. Por ejemplo, el que paga el 95 % de lo que debe pagar corre un riesgo mayor de ser sancionado por no haber pagado el 5 % que el que no paga nada de lo que debe pagar. Es cuestión de costes de enforcement. Saben dónde encontrarnos.

Como no hay igualdad fuera de la Ley, el que paga el 95 % de lo que debe no tiene un derecho constitucional a que no le sancionen si la misma Administración no ha perseguido y sancionado al que no paga ni el 5 %. De manera que, jurídicamente, la protección del ciudadano honrado (al 95 %) pasa porque se le otorgue una acción judicial para obligar a la Administración a sancionar y cobrar las sanciones del que no paga ni el 5 %. En el caso de los desahucios, una Juez de Madrid ordenó a la policía que utilizara toda la fuerza que fuera necesaria para asegurar el cumplimiento de su mandamiento de ejecución. La Junta de Andalucía y todas las Administraciones, motu proprio, – de otro modo incurrirían en desviación de poder – deberían concentrar sus esfuerzos en el que no paga ni el 5 % en lugar de hacerlo en asegurarse que las empresas y los ciudadanos que actúan normalmente en la legalidad cumplen al 100 % con ésta (al margen de la arbitrariedad inevitable en la aplicación de las normas y en la determinación de si ha existido o no una infracción). Y los Jueces deberían controlar a la Administración ordenando el uso de la fuerza policial en la medida que sea necesaria para asegurar el cumplimiento de la Ley. Porque, de otro modo, el recurso a la autotutela (prender fuego al campamento instalado en la playa) se convierte en una amenaza cada vez más real para la convivencia pacífica (recuerden el caso de Palomares).

viernes, 19 de agosto de 2011

¿No sabemos nada de nada?

Los sindicatos han escrito una carta al Gobierno en la que aceptan la moderación salarial y piden la moderación de los beneficios empresariales. En el lenguaje de madera "un compromiso firme de contención de los beneficios y su reinversión". En el año 2011, nuestros sindicatos no han entendido todavía los principios elementales de la Economía Política. A saber, que los beneficios empresariales se terminan disipando por el efecto de la competencia. Si Antonio se forra vendiendo una aplicación que nos permite recordar el nombre y la ocupación de una persona a la que nos encontramos casualmente en la playa, Bernabé, atraído por las ganancias de Antonio empleará sus meninges en diseñar una aplicación mejor que deberá ofrecer a un precio inferior (ceteris paribus) al de la de Antonio. Con ello, los beneficios de Antonio se reducirán hasta el límite de desaparecer. Naturalmente, salvo que Antonio consiga influir sobre los políticos para que prohíban a Bernabé producir una aplicación competidora. Si los salarios se fijaran de igual forma, viviríamos en un mundo sin sindicatos, sin negociación colectiva y sin salario mínimo interprofesional. Pero en el que vivimos, los salarios se fijan, no por el mercado y en un entorno competitivo con libertad de entrada, sino mediante acuerdo. De ahí que tenga sentido hablar de que hay que moderar el crecimiento de los salarios pero no lo tenga hablar de que hay que moderar los beneficios empresariales. Quizá lo que sí se puede decir es que hay que eliminar las barreras de entrada que permiten a los Antonios de este mundo obtener beneficios excesivos durante demasiado tiempo.
Alternativamente, podemos pensar que los sindicatos no son ignorantes. Solo tratan de engañar a su público haciéndoles creer que no ofrecen algo a cambio de nada. Pero no sé qué es peor.

lunes, 15 de agosto de 2011

Las ventajas del retraso

El hecho de que países corruptos, donde las empresas sufren un elevado riesgo de expropiación y sin garantía del cumplimiento de los contratos a través de jueces y en los que tampoco hay un mercado de capitales y un sistema financiero que proporcione crédito a las empresas crezcan, no obstante, a gran velocidad ha espoleado a los estudiosos a buscar otras explicaciones. Y en el camino (la importancia de la reputación y de los mecanismos informales de garantía del cumplimiento de los contratos más la financiación a través del crédito comercial – proveedores y clientes financian – o la “alianza” con las burocracias políticas para asegurar que no serán expropiados) se han puesto de manifiesto los muy elevados costes de un sistema avanzado de garantía de los derechos y del cumplimiento de los contratos.
Así, el sistema occidental de patentes y derechos de propiedad intelectual se ha convertido en una rémora para la innovación y el desarrollo excepto en el sector químico y farmacéutico (donde la mayor parte de las patentes tienen “clearly defined boundaries. This, in turn, helps keep litigation costs (of alleged infringers) low”). Un smartphone requiere 250.000 patentes. Cada vez son más las empresas que se dedican a gestionar pleitos de patentes. Conforme se intensifica la competencia, la solución tradicional – los pools de patentes – parece funcionar menos.
Las modificaciones de las normas para adaptarlas a los cambios económicos son muy lentas (EE.UU. solo modernizó su sistema de pagos en 2001 a pesar de que pasar a un sistema electrónico suponía centenares de miles de millones de dólares de ahorro) y, probablemente, de peor calidad porque los legisladores soportan una mayor incertidumbre e intentos de captura por intereses particulares.
Si la Ley y el sistema jurídico son de muy baja calidad, el atractivo de los sistemas alternativos (reputación) se incrementa, sobre todo si el entorno económico es muy cambiante ya que esto reduce la eficiencia del sistema jurídico por su mayor rigidez. La gran ventaja del sistema jurídico es el “libre acceso” (cualquiera puede convertirse en empresario, cualquiera puede acceder a las materias primas y a la financiación, cualquiera puede acceder a los clientes, cualquiera puede acceder a los servicios públicos) de forma que en fases de incipiente desarrollo económico (donde las ganancias esperadas son enormes porque hay poca competencia), la formación de redes basadas en la reputación puede ser suficiente y más eficaz. El Estado juega con dos barajas ya que forma parte de las redes (“limited access”) y, a la vez, pone en marcha un sistema jurídico teóricamente basado en el “open access”. Eso es lo que parece haber hecho China

viernes, 5 de agosto de 2011

Para qué sirven los pactos entre socios y cómo se organizan las redes de franquicia: blindajes por todas partes

El caso que narramos a continuación es un buen material para una clase práctica. Incluye aspectos de Derecho Societario, Derecho de Contratos y Procesal – carga de la prueba –, presunciones etc. Además, la Sentencia de la Audiencia está muy bien redactada y parece convincente en cuanto al fondo. Que revoque la sentencia de 1ª Instancia confirma una sospecha: nuestro sistema judicial sería mucho más eficiente si los asuntos complejos se vieran en primera instancia por un tribunal y no por un Juez. Es más, se podría dejar al demandante elegir si quiere que su asunto lo vea en 1ª Instancia un Juez o un Tribunal . Sería una poderosa señal de la razón que cree que tiene con su demanda.
Se trata de la Sentencia de la Audiencia Provincial de Barcelona de 27 de octubre de 2009. Alain Afflelou (AA) celebra un contrato de franquicia con dos ópticos de Barcelona. La franquiciataria será una SL participada mayoritariamente por los ópticos y minoritariamente por AA. AA – el franquiciador – garantiza el préstamo bancario concedido a los ópticos para financiar la franquicia. En garantía, AA pacta con los ópticos que “estaría facultada para adquirir las participaciones de los (ópticos)… en las sociedades, otorgándose por estos un poder irrevocable a los legales representantes de aquella para la venta de las participaciones sociales”. Los ópticos dejan de pagar el crédito y AA, sobre la base del poder irrevocable adquieren las participaciones sociales. A continuación, aparece la actora Sra. Juana que alega que los ópticos habían firmado con ella un contrato de arrendamiento de servicios y que, de acuerdo con sus cláusulas, tenía derecho a una indemnización a su terminación, terminación que podía provocar ella misma por el hecho de que los ópticos perdieron la mayoría en el capital de la SL. Los ópticos habían celebrado un pacto de socios (AA es administrador solidario) según el cual
era necesaria la aprobación de todos los administradores solidarios para la contratación de trabajadores con cláusulas que puedan suponer pagos adicionales al salario por parte de la sociedad, incluyendo los blindajes de contrato. Sin embargo, en contra de lo pactado, los contratos de arrendamiento de servicios concertados con la actora fueron suscritos únicamente por los Sres. Caridad Gustavo , sin que conste la aprobación del otro administrador solidario "Alain Afflelou España, S.A.",
El JPI da la razón al demandante y la AP revoca y desestima completamente la demanda sobre la base de considerar que el contrato de arrendamiento de servicios cuyo cumplimiento – indemnización por terminación – se demandaba era simulado. La sentencia es notable por el detalle con el que analiza los indicios de la simulación. Suponemos que la demandante era un tercero, esto es, no era uno de los dos ópticos (porque, en tal caso, la demanda era infumable). Como se vé, lo de los blindajes societarios por parte de los administradores no es cosa solo de las sociedades cotizadas.
La AP comienza por señalar que la terminación del contrato y la indemnización pactada a favor de la demandante por el hecho de que los ópticos perdieran la mayoría en la SL (que le autorizaba para dar por terminado el contrato de arrendamiento de servicios) carece de justificación y que no está nada clara la relación de la demandante con los ópticos. Continúa señalando que el contenido de la cláusula 7 del contrato de arrendamiento es muy raro porque parecía muy desequilibrado a favor de la arrendadora – demandante – y le permitía resolverlo unilateralmente sin dar preaviso
Sin embargo en este caso, no sólo la actora no tiene la obligación de preavisar, sino que, por el contrario, quien tiene la obligación de preavisar es la sociedad arrendataria, a quien se impone la obligación de notificar fehacientemente a la arrendadora con una antelación mínima de tres meses la pérdida de la condición de socios mayoritarios de los Sres. Caridad Gustavo , siendo así, por otro lado, que difícilmente podría haberse preavisado a la actora, quien ni siquiera era socia, y además con una antelación mínima de tres meses, de la compra de las participaciones de la sociedad, fundada en el incumplimiento de obligaciones a cargo de la sociedad, que se constata en diciembre de 2007, adquiriéndose las participaciones en enero de 2008, sin que exista ninguna explicación razonable para que hubiera de preavisarse a la actora de una compra de participaciones sociales en lo que no había de tener ninguna intervención, en su condición de tercero en la relación de la sociedad con sus socios, siendo por el contrario lo razonable que fuera la actora, en su caso, quien hubiera de preavisar de su rescisión unilateral del contrato, después de conocida la transmisión de participaciones entre los socios, no estando ni siquiera previsto, en este caso, en la cláusula séptima discutida, un plazo para que la actora pudiera hacer uso de su facultad de rescisión unilateral,
Y luego cuenta que había indicios de que los documentos contractuales habían sido alterados con posterioridad a la fecha que se decía se habían celebrado pero – se pilla antes a un mentiroso que a un cojo – el papel en el que se documentó contenía una dirección que la empresa no había empezado a utilizar en la fecha del documento y había pruebas de que se usaba otra dirección en documentos contemporáneos de cuya legitimidad no había duda.
La demandante aportó una minuta de una abogada por la redacción de contratos de arrendamiento de servicios. La AP no discute la existencia de la relación pero declara no probado que contuviera la cláusula en la que se basaba la demandante para reclamar la indemnización por terminación.
“Ahora bien, no siendo discutida la existencia de la relación de servicios concertada con la actora, no puede entenderse cumplidamente probado por la actora que los contratos de arrendamiento de servicios por cuya redacción minutó la Abogado de la actora … sean los mismos aportados por la demandante …  no habiendo sido propuesta la testifical de la Abogado … para que en el acto del juicio, bajo juramento, y con la necesaria contradicción, pudiera aclarar la cuestión del contenido controvertido de los contratos en cuya redacción intervino como Abogado”
Y – esto es más llamativo – deduce la simulación del hecho de que los ópticos, cuando vieron que AA se iba a quedar con todo el capital de la SL realizaron maniobras fraudulentas para tratar de privar a la SL de uno de los locales. En concreto,

6º.- Que, según resulta de la comunicación del Sr. Abel , de 15 de enero de 2008 (doc. 11 de la contestación), ratificada por medio de la testifical en el acto del juicio, el día 9 de enero de 2008, Sr. Gustavo se puso en contacto con los propietarios del local en Reus de "Alain Afflelou", arrendado a la sociedad "Pepoptic, S.L.", para solicitarle una cesión, antedatada a noviembre de 2007, a favor de la sociedad "Barzines Optic, S.L.", sin que de lo actuado resulte ningún dato que permita dudar de la veracidad de las manifestaciones del testigo, siendo la actuación del Sr. Gustavo indicativa de la voluntad de crear una apariencia en perjuicio de la socia minoritaria adquirente de la totalidad de las participaciones sociales, mediante la pérdida de la titularidad de uno de los locales arrendados por las sociedades constituidas, pudiendo alcanzarse la conclusión presuntiva de la extensión de aquella voluntad defraudatoria a otros ámbitos a partir de la constatación de la existencia de esa voluntad en un determinado ámbito. Atendido, por lo tanto, el resultado de la prueba practicada, y la ausencia de prueba en contrario, es posible alcanzar la conclusión probatoria, en este caso, de que los contratos de arrendamiento de servicios, de 1 de junio de 2006, concertados entre la actora y los anteriores administradores solidarios de las demandadas (docs. 1 y 2 de la demanda), con la inclusión de la cláusula séptima de rescisión unilateral, con la consiguiente previsión indemnizatoria, a favor únicamente de la demandante, fueron simulados, y creados con ocasión de la inminente adquisición de las participaciones sociales de las sociedades "Pepoptic, S.L.", y "Calle Optic, S.L.", por el socio minoritario "Alain Afflelou España, S.A.", con la única finalidad de obtener un provecho económico en perjuicio de la sociedad del grupo "Alain Afflelou". En consecuencia, no habiendo sido válidamente pactada entre las partes la cláusula séptima de los contratos de arrendamiento de servicios en que se funda la reclamación de la actora, habiendo sido concertados los contratos en el ejercicio abusivo y fraudulento por los anteriores administradores de sus facultades de representación de las sociedades "Pepoptic, S.L.", y "Calle Optic, S.L.", procede, en definitiva,
la desestimación de la demanda, y por consiguiente la estimación del recurso de apelación
La Audiencia lo habría tenido mucho más fácil si hubiera podido negar a Doña Juana la condición de tercero de buena fe. No había duda de que, si efectivamente, el contrato con Doña Juana había sido firmado con tal contenido por los ópticos, éstos habrían abusado de su poder como administradores ya que habían pactado con el socio minoritario que contratos como el objeto de litigio serían celebrados solo con la concurrencia de los dos administradores solidarios. Pero, como es sabido, el abuso de poder – a diferencia de la falta de poder – no es oponible, en general, a terceros y, en el caso de un administrador de una SL, la aplicación del art. 234.1 LSC conduciría a rechazar la alegación correspondiente. Es evidente que, también en el párrafo 1 del art. 234 y no solo en el párrafo 2 se requiere buena fe del tercero, de manera que no queda protegido el tercero doloso (no es suficiente con que conociera de la existencia de la limitación del poder, que es de lo que se ocupa el precepto), esto es, el que sabía que el administrador estaba abusando de su poder de representación. En relación con el abuso de poder, mala fe – conocimiento – por parte del tercero y dolo son equivalentes.
Y había un argumento más para concluir como lo hizo la Audiencia. La factura de la abogada daba crédito a la alegación de que efectivamente existió el contrato de arrendamiento de servicios. Pero, recuérdese que el concurso del otro administrador solidario sólo era necesario si el contrato de arrendamiento de servicios o de trabajo incluía cláusulas de blindaje. Por tanto, es verosímil que el contrato efectivamente celebrado y preparado por la Abogado no incluyera cláusula de blindaje alguna o no, desde luego, para el caso de que los ópticos perdieran la mayoría. Por eso los ópticos no sintieron la necesidad de comunicar su celebración a AA en su momento, en el cual no tenían incentivos para “portarse mal” con AA. Que la demandante no llamara al juicio a la abogada fue – parece – decisivo para formar la convicción de la Audiencia. ¿Intento de estafa por parte de Doña Juana?
Por último, obsérvese la complejidad de la organización de una red de franquicias y de qué modo el franquiciador se implica en la financiación del franquiciatario.

Poder irrevocable y autocontratación válidos

La Sentencia de la Audiencia Provincial de Barcelona de 5 de octubre de 2010 resulta de interés porque resume, en una misma resolución, la doctrina sobre la validez del mandato/poder irrevocable y los límites a la validez de la autocontratación. Los hechos (relevantes, hay también alguna manifestación de interés sobre la aplicación del Derecho extranjero) eran los siguientes: tres personas constituyen una sociedad y uno de los socios otorga un poder irrevocable a otro para que éste pueda vender sus participaciones a quien le plazca. Se fija un precio mínimo del valor nominal de las participaciones. El apoderado, haciendo uso del poder, las adquiere para sí. El poderdante pide la nulidad de la compraventa y la revocación del poder. Las dos instancias desestiman la demanda. Como se ve, hay poder irrevocable y autorización para autocontratar. La Audiencia considera que no hay razón para considerar inválido ni uno ni otra. El poder es irrevocable porque se otorga en interés del apoderado y la autocontratación es válida porque no hay conflicto de interés
“Y, hemos de destacar que se dice que "el poder es irrevocable". El Código civil sienta el principio general de que el poder es revocable (art 1733 ), si bien, ya desde el Derecho romano, se vienen conociendo supuestos en los cuales el apoderado es un "procurator in rem suam", es decir, un representante que actúa no sólo en interés del poderdante, sino también en el suyo propio. Y, así en el poder que nos ocupa se dice que "es irrevocable puesto que ha sido otorgado en interés del mandatario", con lo que expresamente se indica que el poder se realiza en interés no del mandante -actor- sino del aquí apelado, y sí es en su interés, bien puede entenderse que lo que se le concede es la posibilidad que en su interés pueda adquirir las participaciones sociales, y sin existir conflicto de intereses cuando el poder se utiliza en su interés que viene expresamente establecido. Continuando señalando el poder "y sin obligación de rendir cuentas" que refuerza en mayor medida dicha libertad del mandatario, y las notas de irrevocabilidad y actuar en su interés. Apuntar que la jurisprudencia del Tribunal Supremo, ha admitido en nuestro derecho el poder irrevocable en sentencias de 6 de Mayo de 1968, 4 de Mayo de 1973 y 27 de Abril de 1989 entre otras muchas. Así la de 24 de Diciembre de 1993 nos dice: "Dando por sentado que la irrevocabilidad del mandato, no obstante su normal esencial de revocable, es admisible cuando así se hubiese pactado expresamente con una finalidad concreta que responda a exigencias de cumplimiento de otro contrato en el que están interesados, no solo el mandante o representado, sino también el mandatario o terceras personas, es decir, cuando el mandado es, en definitiva mero instrumento formal de una relación jurídica subyacente bilateral o plurilateral que le sirve de causa o razón de ser y cuya ejecución o cumplimiento exige o aconseja la irrevocabilidad para evitar la frustración del fin perseguido por dicho contrato subyacente por la voluntad de uno de los interesados (Sentencias de esta sala de 20 de Abril de 1981, 31 de Octubre de 1987, 27 de Abril de 1989 y 26 de Noviembre de 1991 ).". Y, de fecha más reciente citar la sentencia del TS de 10 de Julio del 2007 : "Es cierto que la jurisprudencia (sentencias de 4 de mayo de 1.973, 21 de octubre de 1.980, 20 de abril de 1.981, 31 de octubre de 1.987, 26 de noviembre de 1.991, 24 de diciembre de 1.993, 19 de noviembre de 1.994 , entre otras) ha admitido la irrevocabilidad del poder, no sólo por virtud de pacto expreso, sino también cuando resulte necesaria para la efectividad del contrato subyacente."
Consta en el documento número 5 acompañado con la demanda, que no fue impugnado su validez, que el poderdante Sr. Carlos Jesús "declara haber recibido ...la contrapartida pactada para la cesión indicada" de las participaciones sociales de la meritada sociedad (folio 200); lo que supone una ratificación de la gestión realizada por el mandatario. Por más que al cabo de dos años, yendo contra sus propios actos deduce la presente demanda, en que reclama la restitución de las participaciones sociales.

La cesión pro solvendo transmite la propiedad del crédito y opera como una condición resolutoria de la transmisión, no como una condición suspensiva

Se trata del Auto de la Audiencia Provincial de Valladolid de 14 de octubre de 2010. Revoca la decisión del Juez de instancia en un procedimiento concursal y considera que se había producido la cesión de un crédito mediante el endoso de un pagaré “no a la orden” lo que impide aplicar las reglas sobre el endoso pero no impide considerar que se había producido una cesión del crédito con eficacia traslativa del mismo. Tampoco lo impide el hecho de que la cesión se hubiera producido “salvo buen fin”. Eso indica solamente – dice la AP – que el cesionario no ve extinguido su crédito contra el cedente si, finalmente, el crédito cedido no es satisfecho pero no convierte a esa cesión en una cesión en comisión de cobranza. La cesión pro solvendo tiene eficacia transmisiva. Según la tesis del JPI
“la cesión "pro solvendo" no operaría, efectivamente, transmisión plena de la titularidad, sino tan solo mandato irrevocable de enajenar e imputar lo cobrado al pago de las deudas pendientes. En cambio, en la "datio pro soluto", que no llevaría incorporada la cláusula "salvo buen fin, sí que produciría una transmisión definitiva que origina la extinción inmediata de la deuda.
Sin embargo, esta distinción y sus efectos solo encontrado respaldo jurisprudencial en el ámbito de la cesión de bienes ex art 1.175 del Código Civil (SSTS de 13 de febrero de 1989, 28 de junio de 1997, 4 de diciembre de 2007 )… cuando se trata de una cesión de créditos ex. Artículos 347 y 348 del Código de Comercio , como es el caso de autos.
…, el Tribunal Supremo mantiene que aunque la cesión de créditos se haga "salvo buen fin", sí se transmite de forma plena la la propiedad de los créditos objeto de las mismas (STS de 11 de febrero de 2003 ). La reserva "salvo buen fin" no significa que el crédito no haya sido transmitido, sino que lo ha sido condicionado resolutoriamente, por una parte, a su existencia y validez, y por otra, a su destino al pago de los créditos que la cesión tiene por objeto (STS de 6 de noviembre de 2006 ) En el mismo sentido, la STS de 5 de noviembre de 2.008 proclama que, excepto si la cesión de un crédito se realiza a los exclusivos efectos de su cobro, las cesiones de créditos originan plenos efectos traslativos de la titularidad de los créditos cedidos… En esta misma línea argumentativa se pronuncia el Tribunal Supremo cuando señala, en relación con los arts. 1527 CC y 347 y 348 del Código de Comercio, que "la circunstancia de que el riesgo sea a cargo del cedente en absoluto desnaturaliza la cesión, al ser materia disponible por las partes" (SSTS de 11 de febrero de 2003, 6 de octubre de 2004 y 5 de noviembre de 2008 ). Por todo lo expuesto, la cláusula "salvo buen fin" no opera como una condición suspensiva de la eficacia traslativa de la cesión sino más bien como una condición resolutoria de dicha eficacia traslativa (STS de 6 de noviembre de 2006 ), asumiendo así el cedente una garantía impropia de solvencia del deudor cedido.
Como explica bien Arteta:  En la cesión pro soluto se produce la transmisión de la titularidad del crédito al cesionario y la extinción de la deuda que el cedente tiene con dicho cesionario con independencia de si posteriormente paga, o no, el deudor cedido. Por el contrario, la cesión pro solvendo implica también la transmisión de la titularidad del crédito al cesionario pero no la extinción de la deuda, dado que el cedente responde de la solvencia del deudor y no queda liberado hasta que éste paga el crédito al cesionario. Si el crédito no se cobra, el cesionario puede reclamar el pago al cedente que se comprometió a garantizar el buen fin de la cesión

jueves, 4 de agosto de 2011

Lo que cuestan los libros

Estoy escribiendo unas páginas sobre los pactos parasociales con terceros, es decir, sobre los límites a la validez y ejecutabilidad de acuerdos entre un socio y un tercero acerca de cómo ejercerá el socio sus derechos – singularmente el de voto – en la sociedad. Por ejemplo, el socio de X.SL se obliga frente a Y, que le presta dinero para que pueda adquirir su participación en X, a votar a favor de que X.SL reparta dividendos y a que reduzca capital en el futuro.
No hay literatura española sobre el tema más allá de la existente sobre los créditos sindicados y financiación de proyectos donde este tipo de cláusulas – covenants – son frecuentes aunque suelen implicar a la sociedad que recibe la financiación y no solo a los socios de ésta. En la literatura en inglés, el tema más próximo es el del voto vacío que se produce cuando alguien que no tiene interés económico en la sociedad, se hace con los derechos de voto pidiendo prestadas las acciones, por ejemplo.
El tema más general es el de los límites a la influencia de terceros en las sociedades. Los alemanes lo discuten como un problema de “soberanía” o autonomía de la sociedad (la sociedad ha de estar gobernada por sus socios y ha de limitarse la influencia de terceros) o como un problema de indivisibilidad de la participación social (Abspaltungsverbot) lo que significa que los derechos que componen la posición de socio (derecho al voto, derecho al beneficio, derecho a la cuota de liquidación, derecho a administrar…) no pueden transmitirse separadamente. La acción o participación social es inescindible. El planteamiento más correcto, a mi juicio, pasa por verlo como un problema de conflicto entre vinculaciones.
La literatura alemana no está disponible – gratis – en internet. Me han fotocopiado algunos trabajos y he utilizado algunos libros que tengo en casa. He encontrado uno que parece el de referencia. Christoph Weber, Privatautonomie und Ausseneinfluss im Gesellschaftsrecht. Se publicó en el año 2000 y cuesta, en Amazon, 99 euros. Gracias a Google Books, he podido leer algunas páginas del libro y comprobar que el planteamiento del autor parece muy razonable y coincide con el mío en lo que se refiere, sobre todo, a la comprensión de la autonomía privada (el socio tiene derecho a vincularse con un tercero en relación con su participación social) y sus límites y al rechazo a una comprensión institucional del Derecho de Sociedades que imponga límites a la autonomía privada carentes de fundamento legal.
Estoy seguro de que el libro está en la biblioteca de la UAM. Iré a consultarlo ahí. Las bibliotecas están para reducir los costes de los usuarios de los libros. No tiene sentido que me compre un libro que voy a consultar una vez. Sería como comprarse un coche para cada viaje (aunque lo vendiera como de segunda mano, los costes de transacción harían ineficiente la adquisición en primer lugar. Para eso se inventó el alquiler). Coste (privado) de consultarlo en la UAM: 25/100 euros (desplazamiento). No incluyo los costes públicos del mantenimiento de la biblioteca de la UAM. Coste de consultarlo en Google Books si estuviera íntegro: 0 euros (coste privado, no incluyo el coste de Google Books). Solución eficiente: acabar con los derechos de autor/editor. Coste de esa solución: ¿que Christoph Weber deje de escribir libros? ¿que las editoriales jurídicas desaparezcan? Improbable y, aunque pasara, no es seguro que sea un daño. La autopublicación en formato electrónico es más simple que nunca.
Solución eficiente: ius librorum que decía Ihering. La realidad es que hoy, los países desarrollados subvencionan las publicaciones de libros técnicos obligando a sus bibliotecas a adquirir ejemplares de cualquier libro que publican sus profesores. La eficiencia de un sistema virtual es, pues, evidente. Que todo el mundo tenga acceso a los libros técnicos que están en las bibliotecas públicas porque están colgados en Internet. Las bibliotecas seguirán pagando un ejemplar de manera que si, por ejemplo, en Alemania hay 500 bibliotecas universitarias o “parauniversitarias”, el autor tiene derecho a la cantidad correspondiente a 500 ejemplares y el libro se cuelga inmediatamente en internet de acceso libre. Esta sí que es una tarea para la Unión Europea: promover la difusión de los libros técnicos a lo largo y ancho de toda Europa.
Recuérdese que Alemania es lo que es gracias a que su población tuvo acceso a los libros técnicos en masa y a base de no reconocer derechos de autor.

miércoles, 3 de agosto de 2011

Receta de “pollo al ayuntamiento”


gracias a Gurusblog

Interés público en la persecución por la CNC de los actos desleales

Aunque los actos desleales sean realizados por una empresa en posición de dominio, se requiere, además, para que proceda la persecución de los mismos por parte de la CNC que se vea afectado el interés público. La Sentencia del Tribunal Supremo (3ª) de 8 de julio de 2011 ha reiterado esta doctrina.

Una habitación con vistas

Los jueces le toman la palabra al legislador, también cuando las normas parecen simple window dressing 

El objeto del proceso versa sobre la resolución de un contrato de compraventa de vivienda perfeccionado sobre plano y la cual, según el folleto publicitario, tendría vistas a campo de golf, montaña y mar, lo que no se ajustó en su momento a la realidad. Se debate si la publicidad expresada es una mera promoción publicitaria, sin más valor que el de una invitación a negociar -"invitatio ad offerendum"-, o constituye además una oferta contractual -oferta publicitaria-, o cuando menos tiene relevancia para la interpretación e integración del contrato, de conformidad con las disposiciones en materia de consumidores y el principio de buena fe contractual del art. 1.258 CC .

Contrato de obra (impresión) con allanamiento y reconvención

Una empresa encarga a otra la impresión de unos mapas. La impresora se retrasa en la entrega de los ejemplares impresos pero reclama el pago. La comitente se allana respecto de una parte del encargo y pide la resolución del contrato respecto del resto del encargo por el retraso de la impresora en entregar los ejemplares. El JPI da la razón al comitente y la AP a la impresora. El TS desestima el recurso de casación porque, aunque la AP citó indebidamente el 330 C de c (entregas parciales), hubo actos concluyentes por parte del comitente que equivalían a aceptar la entrega retrasada.
El contrato de impresión editorial, por el que una de las partes se compromete a componer, reproducir, imprimir o encuadernar una obra, a cambio de un precio, no constituye una venta, sino una modalidad del contrato de ejecución de obra, en el que el impresor asume la posición de contratista y la otra parte la de comitente o dueño de la obra. Tiene, por lo tanto, razón la recurrente en que la prestación de resultado, debida por la contratista, consistió en ejecutar la obra contratada y entregarla en el plazo convenido. Sin embargo, lo que la Audiencia Provincial declaró - con una calificación incorrecta, pero intrascendente para decidir el litigio - es que el retraso en la entrega de las obras estuvo justificado y que quien realmente incumplió su contraprestación fue la demandada
Es la STS 12 de julio de 2011. No hemos pillado por qué el retraso en la entrega estuvo justificado.

martes, 2 de agosto de 2011

Publicada en el BOE la reforma de la ley de sociedades de capital

Esto si que es legislación “motorizada”. El día 1 de agosto se publicaba en el BOCG y hoy en el BOE

Los alemanes lloran en exceso ¿en qué es distinto un ahorrador alemán de un ahorrador español?

Acabo de leer la columna de uno de los sabios alemanes en Vox (Hans-Werner Sinn) en la que explica cómo Alemania ha estado exportando capital desde los años noventa hasta hoy mismo a través de sucesivos mecanismos. Primero, “exportación privada” de capital. Desde finales de los 90 hasta el estallido de la crisis. Alemania ahorraba, no había buenas oportunidades de inversión en Alemania y los ahorros de los alemanes, a través de los bancos y de las compañías de seguro alemanas iban a parar a empresas y particulares en el sur de Europa a través de los bancos del sur de Europa, financiando así el déficit por cuenta corriente de estos países y, en el caso de Grecia e Italia, su déficit público. Luego llega la crisis y los particulares alemanes dejan de prestar pero lo hace el Bundesbank a través del Banco Central Europeo que imprime euros a mansalva. Por fin, a través de los rescates.
El planteamiento me parece injusto (no sé si correcto o incorrecto) porque equipara las decisiones privadas de los ahorradores alemanes a las decisiones públicas del Estado alemán – como prestamistas – y las decisiones privadas de las empresas y los particulares españoles – como prestatarios – a las decisiones públicas del Estado español. Y si compartimos una moneda única, no entiendo la equiparación. Parecería que se presume que los contribuyentes españoles (o sea, los residentes en España) somos responsables últimos de toda la deuda, pública y privada, contraída por cualquier residente en España. Y que los contribuyentes alemanes son los que han financiado, a su pesar, a la periferia en estos últimos diez años. Hablar de tres fases equiparando la segunda y tercera a la primera no tiene mucho sentido para mí. Si los ahorradores alemanes – las empresas alemanas vendían mucho más en el exterior que lo que importaban – entregaron sus ahorros a sus bancos y éstos los prestaron a empresas y bancos en el Sur de Europa es porque no había buenas oportunidades de inversión en Alemania en aquella época. De modo que si ahora sus acreedores no pueden devolver esos créditos, la situación de los “alemanes” es exactamente igual que la del buen hombre de Tordesillas que compró acciones de Martinsa u obligaciones de Nueva Rumasa. Que sea alemán o nepalí debería ser irrelevante.
Se juega, sin embargo, con un prejuicio: que todos los españoles – los contribuyentes españoles – somos responsables últimos de todas las deudas contraídas por particulares, empresas y bancos que tienen su residencia o sede en España y que los contribuyentes alemanes son acreedores últimos de todas las deudas que cualquier persona tiene con cualquier particular, empresa o banco alemán.
Y ese prejuicio podría aceptarse cuando no se compartía la moneda. Porque el Estado puede devaluarla y, con ello, devaluar todas las deudas de sus residentes (y sus créditos y, por tanto, sus ahorros). Pero en la zona euro, ese no es el caso. La culpa la tuvo el gobierno irlandés al garantizar las deudas de sus bancos. Y, en el caso de Grecia, como en el de Italia, no es que se haya convertido deuda privada en pública. Es que el sobreendeudamiento es público, no privado. Pero en el caso de España, como el de Irlanda, los españoles, como contribuyentes, debemos muy poco a los “ahorradores” alemanes. Y lo que tiene que hacer el gobierno español es dejar claro que los contribuyentes españoles no van a pagar las deudas de los particulares ni de las empresas financieras o manufactureras “residentes” en España. Que quiebren.

lunes, 1 de agosto de 2011

El texto de la Ley de sociedades de Capital según el Congreso

Ya ha salido en el BOCG. Las novedades más significativas son las siguientes:
- se extiende a dos meses el plazo de los administradores para convocar Junta a petición de accionistas minoritarios
- se permite, también en la sociedad anónima, sustituir la forma legal de publicidad de las convocatorias de juntas
- se modifica la determinación de la persona física representante de la persona jurídica (ahora se le llama persona “natural”).
- libérrimo acceso al Registro Mercantil «Cualquier persona podrá obtener información delRegistro Mercantil de todos los documentos depositados» (¡gratis o a precio de coste! debería añadir)
- se mantiene el derecho de separación en caso de falta de distribución de dividendos y la extensión de la “sustitución” a la “modificación sustancial” del objeto social
- la exclusión de socios se convierte definitivamente en una institución aplicable a todos los tipos societarios
- un año sin actividad es causa de disolución en cualquier sociedad de capital
Y luego, las disposiciones que incorporan la Directiva 2007/36/CE del Parlamento Europeo y del Consejo, de 11 de julio, sobre el ejercicio de determinados derechos de los accionistas de sociedades cotizadas que, una vez más, lo único que provocan es un aumento de la complejidad y de la inseguridad jurídica sin ganancia para la protección de los derechos de los accionistas (¡verán el lío con los conflictos de interés!). Tenemos que dejar de legislar en Bruselas.

El triple asesinato de Palomares y el fracaso del Estado

El artículo de EL PAIS es una gran pieza de periodismo de sucesos. La historia es terrible. Un empresario acosado por una familia (o un clan) que le roba de forma repetida. Denuncia seguida de amenazas y agresiones y más robos. Ya no puede más, coge una escopeta y mata a tres de la familia agresora. Y se entrega. Terrible. Ahora, la familia del asesino tiene que dejar el pueblo porque los parientes de los asesinados han indicado que la historia no se acaba aquí. Si yo fuera el jefe de la guardia civil de Palomares estaría muy triste. Y si fuera el Juez o el Delegado del Gobierno, también. Si fuera el alcalde de Palomares, dimitiría. Gastándonos casi el 50 % de lo que producimos en servicios públicos, ni se pudo proteger al asesino antes de que se convirtiese en asesino frente a los delincuentes, ni se pudo proteger a los delincuentes frente a lo que lo que asépticamente se denomina autotutela, o sea, la venganza. La justicia iraní ha quedado por encima de la española.

domingo, 31 de julio de 2011

Los recortes retroactivos de las primas

Un buen resumen de la situación en todo el mundo en este artículo de The Economist sobre la brutal reducción en el precio de los paneles fotovoltaicos. El Gobierno español ha sido acusado de infringir el derecho de propiedad al aplicar recortes retroactivamente, esto es, a los parques solares cuya construcción – y la correspondiente inversión – se hizo sobre la base de una determinada garantía de precio. ¿El Derecho Privado al rescate?

sábado, 30 de julio de 2011

“Quiero la información para demandarte”

Este caso se refiere a una solicitud de información por parte de un inversor/socio de una limited partnership inglesa dirigida a los administradores para que le faciliten información sobre las inversiones de la compañía que, naturalmente, habían ido muy mal. Un socio disgustado porque había perdido la mitad de su inversión pide que le den toda la información disponible en la sociedad sobre las inversiones. Los administradores le dicen que toda, toda, no. Que le dan solo la que necesite para lo que la necesite. El Juez dice que (i) el socio de una limited partnership es socio de una sociedad de personas aunque la sociedad sea un vehículo de inversión y, por tanto, tiene los derechos de un socio de una sociedad de personas; (ii) el derecho de información del socio de una limited partnership – derecho de acceso a los documentos, no derecho de pregunta – cubre todos los documentos de la compañía y (iii) que el hecho de que la finalidad de la solicitud sea
a blatant attempt to trawl through Capital's and CIM's day-to-day operational documents with a view to enabling IFS and their appointed forensic accountants to prepare a claim against CIM.
no hace ilegítima la solicitud porque ésta no tiene que estar justificada específicamente. En términos continentales diríamos que no convierte en abusiva la solicitud de información.
La referencia al caso la hemos visto aquí y la sentencia está aquí.

¡Vaya palo al green paper de la Comisión en materia de Corporate Governance por parte del Gobierno británico!

UK GOVERNMENT RESPONSE TO EUROPEAN COMMISSION GREEN PAPER
The Commission has an important role in establishing common standards upon which Member States can build which will benefit the EU as a whole.
Nada de protagonismo de la Comisión
The starting point should be the already existing framework of Directives - both in the areas of company law and securities law - and the Commission Recommendations on directors' remuneration and the role of independent directors.
No amplíes la regulación europea. Con lo que hay, sobra. Anima, alienta a que los Estados sean buenos reguladores…
The Commission also has an important role in encouraging individual Member States to aspire to high standards of corporate governance by spreading best practice which can be used by Member States in a way most appropriate to each.
Overall, given the existing Directives and framework of regulation and codes used in different Member States the primary objective should be to identify ways of enhancing the effectiveness of the current framework rather than to impose new requirements that would fundamentally change the underlying philosophy.
…. pero no se te ocurra imponer nada a los Estados
It is essential; however, that the Commission should ensure that there is sufficient flexibility to accommodate the very wide range of companies across the EU with greatly differing needs based on cultural norms and practices. A prescriptive approach should be avoided. Instead it should follow an approach based on principles which is outcome focussed.
Los Estados tienen incentivos para dotarse de la mejor regulación posible del gobierno corporativo
The UK Government is committed to ensuring that there is a robust corporate governance framework in place, and would be in favour of enhancing or improving corporate governance in areas where there is clear evidence that it has failed or needs to be improved.
Y, en todo caso, no arregles nada que no hayas demostrado, primero, que está roto y que tú lo puedes arreglar:
Any proposals for changes to, or additional, EU regulation in this area should have a clear rationale and be supported by evidence which demonstrates the problem that exists and that the proposal will solve it.
Y tómate la subsidiariedad en serio
There should also be a clear explanation why EU level intervention is needed. A detailed Impact Assessment should be carried out clearly identifying the costs and benefits of any proposed changes.
No uses la crisis financiera para regular
In particular it must be recognised that the set of problems facing financial institutions, and the challenge of identifying measures to effectively mitigate the risks to consumers, shareholders and society as a whole of such institutions failing, is specific to that industry. The issues faced by non-financial listed companies are not the same, and great caution should be exercised before applying the same analysis of problems and solutions to non-financial companies as to financial institutions.
De la contestación a las preguntas de la Comisión tiene especial interés lo que dice sobre la presencia de mujeres en los consejos de administración. ¿Qué tal empezar por preguntar a todas las sociedades cotizadas sobre sus objetivos al respecto?, o sea ¿cuántas mujeres piensa Vd., tener en su Consejo en 2015?

Un caso de responsabilidad de administradores

El administrador de una compañía pide a un proveedor que le proporcione una determinada maquinaria en alquiler para hacer unas obras en una finca de propiedad suya y de su mujer. Utiliza a un empleado de la compañía para las gestiones. El proveedor – una empresa de alquiler de maquinaria – le cede el uso de un par de máquinas que se quedan en la finca del administrador durante 5 años (el arrendador no las reclamó porque se estaba divorciando y no quería que su cónyuge lo tuviera fácil para calcular sus ingresos y patrimonio). Al cabo de los cinco años, el administrador devuelve la maquinaria y el proveedor pasa una factura a la compañía por el alquiler de esos 5 años. La compañía demanda al administrador por haberse aprovechado de su condición de administrador para obtener una ventaja particular (v., nuestro art. 227 LSC). En las dos instancias, se condena al administrador.
El caso puede comprenderse en los siguientes términos – los del administrador –: se trata de una relación de amistad o favor entre el administrador, personalmente, y el proveedor. La compañía no está involucrada y, por tanto, no debía haber pagado nada. El proveedor debería demandar al administrador. Incluso en tal caso, el administrador habría infringido el deber que le impone el art. 227 LSC.
Aplicando, sin embargo, la regla sobre el ámbito del poder de representación de los administradores y habiendo utilizado el administrador a un empleado para hacer la gestión, el proveedor tenía derecho a creer que estaba alquilando la maquinaria a la compañía, en cuyo caso, ésta debe quedar indemne del negocio “particular” realizado por el administrador aprovechándose de su condición de tal (art. 227 igualmente).
El administrador, en el caso, debía de creer firmemente que no había hecho nada malo porque apeló la sentencia de primera instancia a pesar de que la cuantía era pequeña y los gastos jurídicos debieron de ser muy elevados.
Un resumen del caso aquí
La sentencia de apelación está aquí
Tiene interés, a pesar del cambio normativo producido, la SAP Madrid 8 de julio de 2011 en la que se declara la responsabilidad individual de los administradores por deudas de la sociedad insatisfechas sin que se hubiera promovido la disolución de la sociedad cuando concurría, como causa de disolución, la de haber cesado en su actividad la sociedad por más de 3 años

Doing Business y Enterprise Survey

España sale siempre muy mal en el Doing Business Report del Banco Mundial. En España es muy costoso y lento abrir un negocio. Y, de un año para otro, hay países que suben muchos puestos en el ranking porque cambian su regulación y establecen, sobre todo, una ventanilla única para realizar todas las gestiones administrativas. Benito Arruñada ha sido muy crítico con la metodología que hay detrás de la elaboración de esos rankings.
En una columna publicada por Tim Hartford se hace referencia a un estudio de Hallward-Driemeier y Pritchett que compara los resultados del Doing Business con los resultados del Enterprise Survey. La diferencia entre los dos es que el primero se elabora preguntando a un abogado local cuántos días costaría abrir un negocio sencillo y qué trámites tendría que superar un potencial empresario. El segundo está basado en entrevistas a empresarios en las que se les pregunta por el tiempo, coste y trámites reales que tuvieron que superar para poder importar una mercancía, obtener una licencia para construir algo etc. Y los resultados son muy diferentes. Básicamente, las diferencias intra-país son enormes. O sea, que dos empresarios sometidos al mismo régimen jurídico dicen que tardan tiempos muy diferentes en superar los trámites. Las pruebas son ya apabullantes. Y las reformas legislativas dirigidas a reducir los trámites no afectan de forma igual a todos los empresarios del país. O sea que la “policy implementation often deviates from the stated policy, in firm (or individual) specific ways”.
Las lecciones que pueden extraerse: (i) hay medidas que no pueden ser malas (la ventanilla única) pero pueden aplicarse a diferente coste (público/privado); (ii) otras medidas de “desformalización” sí pueden ser dañinas (perder información sobre los negocios y, reducir los costes en el momento de la formalización a costa de elevar los costes de transacción de esas empresas más tarde) (iii) es más importante la implementación de las reglas que el contenido de las reglas mismas. Cuando el Estado no dispone de instituciones mínimamente eficaces para asegurar el cumplimiento generalizado de una política, dicen estos autores, no es muy sensato preocuparse demasiado por el contenido de esa política y sus efectos sobre el desarrollo económico. Y (iv) hacer estudios de Derecho Comparado es útil para mejorar nuestro conocimiento del Derecho y analizar su eficiencia teórica pero mucho menos para determinar en qué medida incrementan o reducen el producto interior bruto.

viernes, 29 de julio de 2011

¿Para qué sirve el registro mercantil?

Según Benito Arruñada
Registration of transactions between ‘‘principals’’ (mainly shareholders)and ‘‘agents’’ (the corporation’s officials) allows judges to safely apply market-friendly rules when later adjudicating disputes over subsequent transactions between agents and third parties

Canción del viernes

Gracias, Egocrata - Politikon

jueves, 28 de julio de 2011

La deriva de la CNC (II): el lobby colectivo es ejercicio de un derecho fundamental

La CNC amplia expediente sancionador a la Asociación Española de Gas Licuado (AOGLP) por posible acuerdo o recomendación colectiva de precios. Con fecha 22 de julio de 2011, la Dirección de Investigación de la Comisión Nacional de la Competencia ha acordado ampliar la investigación que actualmente lleva a cabo en el marco del expediente S/0256/10 contra la Asociación Española del Gas (SEDIGAS), incoado por la Dirección de Investigación el 6 de octubre de 2010, a la Asociación Española de Operadores de Gas Licuado (AOGLP), por prácticas prohibidas en la Ley 15/2007, de 3 de julio, de Defensa de la Competencia, consistentes en un acuerdo o recomendación colectiva mediante la elaboración de un informe con una propuesta de tarifas para las inspecciones periódicas de gas licuado y su posterior remisión a las Comunidades Autónomas.
Podemos, de nuevo, estar equivocados pero, según acabamos de ver en este Decreto 13/2010, de 23 de marzo, por el que se regula el régimen económico de los servicios que prestan a los usuarios las empresas suministradoras de gas por canalización, en el ámbito de la Comunidad Autónoma de Castilla-La Mancha, es la Comunidad Autónoma la que determina los precios que pueden cobrar las empresas que realizan dichas inspecciones.
En consecuencia, el comportamiento de la AOGLP es una pura y simple actividad de lobby frente a un poder público para avanzar los intereses de los miembros del grupo. En los EE.UU., la inmunidad de estas conductas frente a la aplicación del Derecho de la Competencia se conoce como doctrina Noerr-Pennington y su vigencia en Derecho español está fuera de toda duda: las asociaciones empresariales ejercitan un derecho fundamental cuando se dirigen colectivamente a los poderes públicos en defensa de sus intereses y tratan de que éstos adopten las decisiones que más los benefician aunque sus propuestas sean anticompetitivas (¿sancionamos a los procuradores y al presidente del Senado por haberlos escuchado y haberse hecho una foto con ellos?). También las empresas tienen derechos políticos incluidos el de petición, asociación, participación en las decisiones públicas etc. El Derecho de la Competencia trata de preservar ésta en el mercado. Si una asociación empresarial gasta dinero y esfuerzos en actividades dirigidas a impedir que se elimine un monopolio o un privilegio, nos podrá parecer mal, pero la asociación o sus miembros no realizan ninguna conducta incardinable en el art. 1. LDC.
No es la primera vez que la CNC pretende sancionar a empresas por hacer lobby colectivamente.

miércoles, 27 de julio de 2011

El gran sello del Estado de California

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Osadía: de cómo Mercadona puede salvarnos

Leyendo la columna de Buttonwood (cada semana es mejor) que narra el parecido de la situación actual con la que llevó a la libra a abandonar el sistema monetario europeo, la advertencia de Caruana “tened miedo, mucho miedo” de hace un año, parece más vigente que nunca.
La discusión acerca de las estrategias posibles para salir de la crisis se resume entre los partidarios de la austeridad y los del mantenimiento o incremento del gasto público para sostener el consumo. Es probable que las dos estrategias sean razonables según la situación del país a la que se aplican. Países con potencial de crecimiento elevado – EE.UU – porque tengan economías competitivas pueden optar por la segunda. Pero a países como España con perspectivas poco halagüeñas en lo que a tasa de crecimiento se refiere, me temo, solo les queda la primera opción: desendeudarse vía austeridad (el Estado, las regiones y los ayuntamientos tienen que hacer sus presupuestos con los ingresos “normales”, no con extraordinarios). Porque no seremos capaces de generar ingresos suficientes para devolver todo lo que hemos pedido prestado y mantener el nivel de gasto actual.
Dentro de la estrategia de austeridad, sin embargo, no basta con apretarse el cinturón. Hay que cambiar la dirección de las transferencias con el exterior (llegamos a tener un 10 % de déficit por cuenta corriente). Los que saben dicen que España solo tiene la opción de aumentar sus exportaciones significativamente para pagar así sus deudas sin perder nivel de vida. La posibilidad de aumentar significativamente las exportaciones pasa porque nuestras empresas sean más competitivas. De ahí la importancia de reducir sus costes, de reducir los costes de producir en España bienes “exportables”. Y por eso hay que hacer las reformas que se han comenzado tan tibiamente en los últimos meses y hacerlas de forma decidida y ambiciosa (contrato único, libertad de entrada y salida al mercado, simplificación fiscal y eliminación de todos los grupos que viven de hacer rent seeking).
Pero no solo pueden aumentarse las exportaciones. También se pueden reducir las importaciones. Con las infraestructuras físicas y humanas de España hay mucho que hacer ahí. Y yo no he visto que se hayan puesto ideas sobre la mesa. De nuevo, lo que hace falta es mejorar la competitividad de nuestras empresas para que los españoles deseemos comprar productos fabricados aquí en lugar de productos fabricados en Alemania o Italia (y consumamos mucho menos petróleo pero eso es otra historia como lo es lo de potenciar la construcción y gestión de grandes infraestructuras, que lo hacemos también muy bien).
Y aquí es donde entran los Mercadona de este país. Mercadona vende el 20 % de buena parte de las categorías de productos de consumo diario. Y se provee, normalmente, de fabricantes instalados en España (los famosos “interproveedores”). Su entrada en sectores concretos los ha revolucionado (Deliplus en cosmética, es el ejemplo más notorio) básicamente porque ha descubierto que los precios de esos productos tenían poco que ver con sus costes de producción, es decir, que el “brand premium” que se pagaba era excesivo. ¿Qué pasaría si Mercadona vendiera teléfonos móviles, cepillos de dientes eléctricos o cápsulas de café y cafeteras? Hay más de una Mercadona en España (en el sector de productos de consumo, hay pocas empresas comparables en el mundo a Ebro Foods, por ejemplo) y deberíamos exportar mucho más de lo que lo hacemos en todo lo relacionado con la industria agroalimentaria (véase lo que ha pasado con el vino). Y es un sector donde la historia del Nespresso demuestra que la innovación es posible y rentable y que se adapta bien al “capital humano español”. Porque, una vez que los españoles queramos comprar productos fabricados aquí, es cuestión de poco tiempo que también los extranjeros quieran hacerlo.

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