Ahora que está en discusión la entrada en vigor de la Ley de Acceso, Michele Carpagnano me envía unas notas sobre la reforma italiana de la profesión de abogado y las consideraciones sobre el texto que ha publicado la Autoridad italiana de la Competencia. Con antecedentes como estos, las autoridades españolas harían bien en derogar la Ley de Acceso y dejar las cosas como están
Alcuni aspetti della riforma (di seguito sinteticamente illustrati):
Ø estensione delle attività esclusive dell’Avvocato
Il testo di riforma propone un ampliamento della riserva di esclusiva delle attività di competenza degli iscritti all’Albo (tali attività ricomprendono anche le procedure arbitrali rituali, le attività di consulenza legale e di assistenza stragiudiziale).
L’AGCM ha rilevato che l’attribuzione di ambiti di esclusiva integra una grave restrizione della concorrenza in quanto: (i) costituisce una protezione legale dalla concorrenza; (ii) limita la libertà economica degli operatori; (iii) restringe le possibilità di scelta degli utenti.
Con riferimento al testo di riforma, l’AGCM ha osservato che, se per le attività tipiche della professione forense, ossia la rappresentanza, l’assistenza e la difesa in giudizio, può apparire legittima l’imposizione di un’esclusiva, “per tutte le altre attività, che il disegno di legge intende escludere dal regime di libertà di accesso, la giustificazione manca del tutto”.
Secondo AGCM, l’estensione degli ambiti di esclusiva non comporta un effettivo accrescimento della tutela degli assistiti, ma determina una restrizione della concorrenza tra professionisti, incidendo significativamente sui costi delle procedure amministrative, conciliative e stragiudiziali, con ripercussioni negative sui cittadini e sulle imprese.
Ø modalità di esercizio della professione tramite Associazioni / Società
Il testo di riforma prevede che la professione può essere esercitata anche in forma associativa o societaria, stabilendo, tuttavia, alcune limitazioni a tale forma di esercizio (e.g. divieto di società di capitali; regime della società semplice; previsione della responsabilità solidale ed illimitata per gli associati ed i soci nei confronti dei terzi; associazione esclusiva dell’avvocato; esclusione della natura di impresa commerciale; non assoggettabilità a procedure fallimentari / concorsuali).
Secondo l’AGCM, anche ai sensi del quadro normativo vigente, i professionisti devono essere liberi di fornire all'utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare attraverso società di persone e/o di capitali o associazioni e non vi sono ragioni per precludere l’esercizio della professione nella forma delle società di capitali. Secondo l’AGCM, tali forme sono le “più idonee alla creazione di strutture di maggiori dimensioni” che consentono “ai professionisti italiani di poter rispondere adeguatamente alle sfide che sono chiamati ad affrontare nel contesto europeo”.
Ø disciplina delle tariffe
Il testo di riforma prevede la vincolatività ed inderogabilità dei minimi tariffari ed il divieto del patto di quota lite. La tariffa professionale è articolata in relazione al tipo di prestazione e al valore della pratica. I minimi tariffari sono sempre inderogabili, i massimi possono essere derogati con accordo scritto a pena di nullità.
Secondo l’AGCM, la disciplina proposta appare “inadeguata e non condivisibile” in quanto volta a introdurre una rigidità nel comportamento economico delle parti già superata con il Decreto Bersani.
Tale rigidità non risulta giustificata dal perseguimento di interessi generali, essendo piuttosto finalizzata a proteggere gli avvocati dalla concorrenza di prezzo.
Secondo i consolidati principi antitrust, le tariffe professionali fisse e minime costituiscono una grave restrizione della concorrenza (impediscono di adottare comportamenti economici indipendenti) e non garantiscono la qualità della prestazione.
L’AGCM ritiene che a protezione del cliente potrebbe trovare giustificazione il mantenimento soltanto delle tariffe massime, con riferimento a prestazioni aventi carattere seriale e di contenuto non particolarmente complesso.
L’Autorità ha osservato che il decoro, concetto di valore etico che può essere utilizzato quale principio generale dell’attività professionale, non può essere utilizzato come parametro economico di determinazione del compenso, in quanto potrebbe facilmente reintrodurre l’inderogabilità dei minimi tariffari: il compenso decoroso sarebbe, in conclusione, quello che rispetta la tariffa minima.
Il richiamo alla “tariffa”, quale parametro di riferimento al fine di determinare un “compenso ulteriore” da riconoscere all’avvocato, risulta in contrasto con i principi antitrust di libera determinazione del compenso, nonché con il citato Decreto Bersani, che ha abolito il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti.
Ø regime delle incompatibilità
Il testo di riforma amplia il novero delle incompatibilità dell’Avvocato, la cui professione diviene incompatibile con una serie di attività tra cui: (i) ogni altra attività di lavoro autonomo / subordinato (ii) l’esercizio di qualsiasi attività di impresa commerciale; (iii) la qualità di socio illimitatamente responsabile o di amministratore di società di persone aventi quale finalità l’esercizio di attività di impresa commerciale; (iv) la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa; (v) la qualità di presidente di consiglio di amministrazione con effettivi poteri individuali di gestione. Sono previste alcune eccezioni specificate nell’art. 17 del DDL.
Secondo l’AGCM, affinché il regime delle incompatibilità sia coerente con le regole antitrust, esso deve risultare: (i) funzionale alla natura e alle caratteristiche dell'attività; (ii) necessario e proporzionato a salvaguardare l'autonomia dei soggetti che erogano le prestazioni; (iii) idoneo a tutelare l'integrità del professionista (iv) indispensabile per il corretto esercizio della professione.
Applicando tali criteri di valutazione alle ipotesi di incompatibilità di cui alla proposta di riforma, l’AGCM ha ritenuto non necessarie né proporzionate le incompatibilità a svolgere altre attività di lavoro autonomo o dipendente, anche part-time.
L’AGCM ha evidenziato che situazioni di conflitto di interessi, che dovessero eventualmente emergere nello svolgimento di diverse attività professionali, potrebbero essere risolte con la previsione di strumenti proporzionati, ricorrendo, ad esempio, alle regole di correttezza professionale e a conseguenti obblighi di astensione dallo svolgimento dell’attività in conflitto.
Ø Informazioni sull’esercizio della professione (la disciplina della pubblicità)
il DDL non utilizza la locuzione “pubblicità”, riferendosi, piuttosto, alle “informazioni sull’esercizio della professione”. Tali informazioni devono riguardare “il modo di esercizio della professione” e devono essere fornite “in maniera veritiera, non elogiativa, non ingannevole e non comparativa”.
I contenuti e le forme dell’informazione “devono essere coerenti con la finalità della tutela dell’affidamento della collettività, nel rispetto del prestigio della professione e degli obblighi di segretezza e di riservatezza nonché nel rispetto dei princıpi del codice deontologico”. Al CNF è demandato il compito di determinare i criteri concernenti le modalità e gli strumenti dell’informazione e della comunicazione.
L’AGCM ha rilevato che l’utilizzo della locuzione “informazione” in luogo del termine “pubblicità” risulta fuorviante e limitativo, in quanto non esplicita con chiarezza la possibilità per il professionista di ricorrere allo strumento pubblicitario, ai fini della promozione della propria attività.
Secondo l’AGCM la disciplina proposta risulta restrittiva della concorrenza perché vieta ingiustificatamente il ricorso alla pubblicità comparativa, nonché l’utilizzo di toni elogiativi propri delle comunicazioni pubblicitarie, atteso che lo strumento pubblicitario rappresenta un’importante leva concorrenziale a disposizione del professionista.
Si noti che nel testo dell’Indagine Conoscitiva del 2009, l’AGCM aveva già rilevato che il potere di verifica sulla pubblicità attribuito agli ordini dalla legge Bersani (e non previsto nel testo dell’originario decreto legge) non trova alcuna giustificazione razionale nell’ambito dell’ordinamento giuridico, posto che il controllo della pubblicità è affidato per legge all’AGCM.
Ø disciplina delle specializzazioni
Il testo di riforma introduce la disciplina delle specializzazioni. Sono previsti requisiti soggettivi (i.e. anzianità di iscrizione all’albo) per poter partecipare ai corsi di alta formazione. E’previsto un sistema di esonero per gli iscritti all’albo con una determinata anzianità. Solo il CNF può attribuire il titolo di specialista a seguito del superamento di un esame da parte del candidato.
Con riferimento alla disciplina delle specializzazioni, l’AGCM ha individuato le seguenti criticità di natura concorrenziale:
· l’attribuzione al CNF dell’individuazione delle specializzazioni;
· la mancata previsione di metodi alternativi alle scuole per l’acquisizione del titolo di specialista.
L’Autorità auspica la previsione di un sistema aperto ed alternativo alle scuole per l’acquisizione del titolo valido per tutti i professionisti e tale per cui questi possano dimostrare la relativa specializzazione a prescindere dalla frequenza delle scuole.
Secondo l’AGCM, il sistema delle specializzazioni non dovrebbe essere lasciato alla disponibilità esclusiva del CNF.